di e con Alberto Ierardi e Giorgio Vierda
dramaturg Luca Oldani
luci di Alberto Ierardi
costumi Chiara Fontanella
«Premesse: la frittata è fatta.
Il cibo è uno dei fulcri cardine attorno a cui si dipanano le nostre vite. Il cibo, scandisce i ritmi della giornata, celebra i momenti di socialità e caratterizza quelli di solitudine. Da noi nell’occidente opulento, abbiamo dato a lungo per scontata la presenza di cibo a tavola fino quasi a dimenticare che cosa davvero ci fosse nel piatto. E cosa c’è nel piatto? Cos’è stato prima e da dove proviene? Lo abbiamo dimenticato, ma abbiamo continuato ad imbandire tavole sempre più grandi come se fosse il frigorifero e non la terra a generare come per magia, gli ingredienti delle nostre pietanze. È un po’ come con gli esseri umani, quando si da per scontato un rapporto capita di allontanarsi, senza neppure accorgersene; crediamo di conoscerci ma ci conosciamo sempre di meno. Ecco cosa accade con il cibo: abbiamo dimenticato chi è, come è cambiato e da dove proviene. La frittata è fatta, ma non ricordiamo che prima di essere frittata è stata uovo.
Oggetto d’indagine: la patata bollente.
La produzione del cibo è un tema cardine dello sviluppo sostenibile, visto che non sarà possibile sostenere un’industria così impattante. Qualsiasi cosa succeda si renderà necessario un cambiamento delle nostre abitudini alimentari, una trasformazione del rapporto tra essere umano e cibo. Non sarà la prima volta che avviene un mutamento in questo senso, ma si pongono e si porranno nuove domande: com’è possibile modificare nel giro di pochi anni, le nostre abitudini alimentari? È necessario allevare così tanta carne se la sua produzione contribuisce alla distruzione del Pianeta? È davvero necessario uccidere animali per nutrirsi? Se lo era alle origini come lo può essere ora per un leone, se lo è stato nello sviluppo della civiltà umana non è detto che adesso lo sia ancora.
Lo stile: la cottura.
Secondo questi criteri, il rapporto tra essere umano e cibo può diventare indigesto. Per questo scegliamo l’ironia come chiave di lettura, affiancando il tema politico ambientale allo strumento del teatro comico, guardando con rinnovato spirito al precetto brechtiano di “ricreare il pubblico”; da un lato, lo sbrago dello sghignazzo, dall’altro, l’attenzione civile su un tema globale».
La Ribalta